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Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza

By 9 Febbraio 2024Febbraio 14th, 2024No Comments

Domenica 11 febbraio è la “Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza” istituita nel 2015 dall’Onu, per celebrare i risultati delle donne nella scienza e promuovere la maggiore partecipazione delle donne e delle ragazze nella ricerca scientifica.

 

Una ricorrenza significativa che affronta le discriminazioni di genere nell’ambito della ricerca scientifica. Ne parliamo con la presidente del Bioindustry Park, la prof.ssa Fiorella Altruda, figura autorevole dell’Università degli Studi di Torino dove si è formata dedicandosi da subito alla ricerca, nell’ambito delle cellule staminali. Con periodi lavorativi all’estero e 47 anni di docenza universitaria a Torino, è tuttora presidente dell’incubatore d’Impresa di Unito 2i3T, da un anno è presidente del Centro di Biotecnologia Molecolare, che ha contribuito a creare e ha guidato come direttrice.

Quale parola riassume il suo rapporto con la scienza e con la ricerca?

Certamente perseveranza, cioè quella capacità di non perdere mai di vista un mio obiettivo. Il che non vuol dire necessariamente aver costanza, non lo sono su altri aspetti della vita, è più simile al “non mollare mai”. E non significa neppure riuscire sempre… mi riferisco piuttosto a un atteggiamento, un modo di essere verso ciò che più mi appassiona.

 

Cioè la ricerca…..

Sì, il laboratorio è stato il mio mondo per ben cinquant’anni, segna un inizio e ha accompagnato il lungo periodo d’insegnamento universitario, conclusosi lo scorso anno con il pensionamento, i numerosi impegni che sono arrivati, i riconoscimenti pure. Per me continua ad essere il lavoro più bello del mondo e la ricerca è ancora nella mia vita oggi, seppure in modo differente. Sono CEO di uno spin-off dell’Università, un’esperienza che mi permette di valorizzare competenze specifiche maturate negli ultimi anni e che metto volentieri a disposizione.

Quindi passati i timori del passaggio al pensionamento, la mia presenza qui è rimasta e mi accorgo di essere un riferimento per moltissime persone, anche per molti giovani. E poi c’ è la realtà del Bioindustry Park, in continuo fermento, è molto bello.

 

Quali bisogni esprimono oggi i giovani e le giovani che si avvicinano ai percorsi scientifici.

Percepiscono quando li ascolti e quando sai dare una risposta. Pongo molta attenzione a questo aspetto, so ascoltare e dare delle risposte a quello che mi viene chiesto, due caratteristiche importantissime e che sono riconosciute.

Nel nostro ambito oggi non vedo differenze né di approccio, né di opportunità tra maschi e femmine, e questo è un risultato importantissimo, non è sempre stato così ovviamente. Ai miei studenti ho sempre ricordato la figura di Rosalind Franklin la scienziata che applicò le proprie conoscenze a una delle grandi incognite dell’epoca: la struttura del DNA. Attraverso le straordinarie immagini da lei ottenute descrisse la densità e la forma elicoidale del DNA. Immagini e deduzioni che però fruttarono a due colleghi maschi la pubblicazione della ricerca e, dieci anni dopo, il Premio Nobel per la medicina. Rosalind Franklin è una delle scienziate non riconosciute dalla storia. E’ importante confrontarci con la grandiosità di figure femminili, penso a Marie Curie, Rita Levi Montalcini e moltissime altre che hanno saputo rompere convenzioni e catene, pagando spesso prezzi altissimi.

Sicuramente oggi le cosiddette “role model” sono di più, visibili e vicine ma è importante aiutare le ragazze ad affrontare con coraggio e consapevolezza ciò che non conoscono. Spesso i percorsi scientifici-tecnologici sono ancora vissuti da loro come inavvicinabili.

L’ambito delle biologia e delle biotecnologie segna sicuramente una differenza, perché in queste discipline le donne sono molto presenti, e non da oggi, e risultati si vedono. In altri settori STEM non è ancora così.

 

Parliamo del settore in Italia. Le imprese richiedono profili Stem, ambiti in cui le difficoltà di assunzione superano il 60% e mancano migliaia di laureati (dati Unioncamere-Anpal). Secondo i dati ISTATI nel 2022 i giovani laureati (25-34enni) nelle aree STEM sono il 23,8% del totale: 34,5% uomini e 16,6% donne; con un divario di genere è ancora consistente anche se le opportunità non mancano. il tasso di occupazione tra i laureati nell’area Umanistica e dei servizi è stato del 77,7%, è salito all’83,7% per i laureati nell’area Socio-economica e giuridica; nelle STEME è all’86,0% e raggiunge l’88,0% tra i laureati nell’area Medico-sanitaria e farmaceutica.

Guardando all’industria farmaceutica, secondo i recenti dati di Farmindustria, il 90% degli addetti è diplomato o laureato e le donne sono il 45% del totale, con una percentuale simile per i ruoli apicali: +15% negli ultimi 5 anni. Nella R&S sono il 53%. Un risultato ottenuto grazie al merito femminile, considerando che il 40% del fatturato deriva da aziende guidate da donne. Contano anche, sottolinea Farmindustria, azioni concrete di welfare aziendale: sanità, formazione, conciliazione vita-lavoro, genitorialità, assistenza, sviluppo professionale, politiche di inclusion e diversity, pari opportunità.

 

Queste politiche sono sicuramente importanti per determinare un cambiamento e hanno permesso alle donne di emergere nelle aziende dove sono apprezzate per la loro preparazione (sono noti i dati sulle migliori performances femminili nei percorsi universitari). Oggi capita spesso di vedere donne CEO, AD di importanti aziende pubbliche e private o a capo di aziende da loro create. Vedo anche molti colleghi sperimentarsi nella ricerca applicata con il numero di spin-off in continua crescita; un segnale significativo di cambiamento nel settore che riscontriamo ogni giorno al Bioindustry Park dove aumentano le richieste di supporto all’accelerazione delle startup e cresce la presenza femminile nei team.

Inoltre, molte giovani formatesi nella nostra Università nell’ambito della ricerca si stanno facendo strada qui o all’estero dove colgono buone opportunità, ad oggi ancora migliori rispetto a quelle che il nostro paese può offrire. Alcune però stanno tornando ed è un segnale positivo. Una su tutte, Chiara Ambrogio rientrata in Italia dopo 10 anni di ricerca in Spagna e negli Stati Uniti, ad Harvard. E’ una ricercatrice di punta del nostro Centro dove sta portando avanti progetti di altissimo rilievo, con finanziamenti importanti.
Ecco mi sento ottimista nel dire che qui abbiamo tutto e a ben guardare possiamo dirci orgogliosi di essere un paese sempre più aperto per le donne e per la scienza. Con questo non voglio dire che sia tutto “rose e fiori” ma per i giovani e per le giovani donne le opportunità ci sono, possono provarci.

E’ anche importante raccontare e far conoscere le loro storie, valorizzare i talenti e contribuire a cambiare l’immagine che i giovani hanno della ricerca, della scienza in generale.

 

Con perseveranza….

Certo e con passione, coraggio ma certamente è necessario un atteggiamento positivo, l’ho sempre avuto e mi ha aiutato molto. Sono sempre stata molto concreta e anche questo è stato importante, ai giovani spiego anche che è necessario avere umiltà e pazienza e anche con flessibilità e capacità di adattamento. L’aspetto bello è il lavoro in team, fianco a fianco, dove non serve la competizione e l’ambizione va incanalata nel lavoro insieme. Solo così i risultati possono essere grandiosi.

Approfondimenti:

Come crescono le innovatrici

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